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Lotta alle malattie rare: il primato italiano

Data pubblicazione: 08 maggio 2025

Autore:

TrueNumbers.it per Fineco Bank
Rappresentazione visiva dell'articolo: Lotta alle malattie rare: il primato italiano
  1. Il nostro Paese è leader in Europa e nel mondo nella sperimentazione di farmaci
  2. La spesa in farmaci innovativi è salita di 3,66 volte in 10 anni e oggi supera i 2,2 miliardi
  3. Siamo il secondo Paese in Europa per molecole autorizzate contro le malattie rare


LA FARMACEUTICA ITALIANA VINCE NEL MONDO

La spesa per trovare cure per le malattie rare: 2,2 miliardi

Terapie geniche: 32 soluzioni in attesa di approvazione


La spesa in farmaci orfani

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E quella in terapie avanzate

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Fonte: Aifa e Federazione Italiane Malattie Rare


Il termine può trarre in inganno perché se c’è qualcosa di sicuro sulle malattie rare è che rare non sono. Sono definite così quando a esserne affetto è meno di una persona ogni 2mila abitanti.


Di malattie rare ce ne sono circa 8mila, nessuno sa il numero preciso, anche perché vengono continuamente scoperte dalla ricerca e spesso riguardano una sola persona nel nostro Paese e meno di 10 nel mondo. Questo significa che, secondo i dati del Ministero della Salute, a essere colpiti sono più di due milioni di italiani, più di uno su 30, moltissimi, e il 70% di questi sono bambini che soffrono di una rara patologia pediatrica, quasi sempre di origine genetica.


Solo per circa 400 di queste malattie, quindi il 5%, oggi è presente una cura, perché proprio la scarsa numerosità delle singole patologie rende difficile la ricerca e lo sviluppo di farmaci appositi. Non è un caso che quelli utilizzati contro le malattie rare vengano chiamati farmaci orfani. Sono molecole utili, ma che avrebbero una domanda così bassa, magari solo di poche centinaia di pazienti in tutto il mondo, da risultare economicamente non convenienti da produrre per le case farmaceutiche, i ricavi non ripagherebbero gli ingenti costi di ricerca, sperimentazione e produzione.


Sempre di più i farmaci a disposizione


È uno di quei casi in cui l’intervento pubblico è necessario e quello che sorprende è il fatto che l’Italia è un’eccellenza mondiale: da noi si investono ingenti risorse per scoprire nuove cure e i risultati si vedono perché è uno degli ambiti nel quale noi abbiamo fatto (e facciamo) i progressi più significativi.


I dati della Federazione Italiana Malattie Rare e di Aifa (l’Agenzia Italiana del Farmaco) dicono che nell’ultimo anno censito, il 2023, la spesa italiana in ricerca per i farmaci orfani è stata di 2 miliardi e 230 milioni, ovvero l’8,5% della spesa farmaceutica sostenuta dal Sistema Sanitario Nazionale. Non è poco, anzi, e in più bisogna considerare che a essere colpiti da queste patologie sono circa il 3,4% degli italiani che non vengono lasciati soli a combattere contro mali ancora poco conosciuti. In soli 10 anni, poi le cose sono migliorate tantissimo: nel 2013 la spesa è stata di 608,9 milioni di euro e l’incremento è stato di ben 3,66 volte con il risultato che le dosi di farmaci orfani somministrate da 5,6 milioni di dosi sono passati a 14,9 milioni nel 2023. Tra i motivi di questo forte aumento c’è la messa a disposizione dei pazienti di un numero sempre maggiore di farmaci orfani da parte dell’Aifa: a fine 2023 erano 146, contro gli appena 49 del 2013 e gli zero di solo venti anni prima.


Il nostro Paese è il secondo in Europa dopo la Germania per numero di molecole autorizzate a disposizione dei pazienti e, soprattutto, c’è stata un’importante accelerazione nel recepimento italiano delle approvazioni dell’Ema (l’Agenzia Europea del Farmaco): nel 2023 Aifa ha autorizzato il 94% dei farmaci orfani che avevano già ricevuto il via libera dall’Ema, mentre nei primi anni dello scorso decennio questa percentuale oscillava tra il 58% e l’83%.


Il futuro sono le terapie avanzate, soprattutto geniche


Capita, però, che i medici ritengano necessario non aspettare gli organi preposti, e autorizzino l’utilizzo di un farmaco, orfano o meno, non ancora approvato dall’Aifa, oppure autorizzato in origine per un’altra patologia e quindi off-label. Nel 2023 erano 32 i farmaci per cui la richiesta di questo tipo di utilizzo era stato accolto o era in valutazione, contro i 13 del 2019.


Parlare solo di farmaci, però, sarebbe riduttivo. Sempre più di frequente l’approccio verso i pazienti colpiti da malattie rare riguarda terapie complesse che includono sia l’utilizzo di più medicinali che la modificazione di sequenze genetiche o procedimenti di ingegneria tessutale per riparare e rigenerare i tessuti. Queste terapie avanzate sono chiamate anche Atmp (Advanced Therapy Medicinal Product). Si tratta del futuro del trattamento delle malattie rare, anche perché, si spera, la somministrazione una sola volta di una Atmp potrebbe consentire la guarigione parziale o totale e quindi evitare l’uso di farmaci per il resto della vita, cosa di cui naturalmente beneficerebbero anche i conti della sanità. Gli 86 milioni di euro per le Atmp spesi nel 2022 potrebbero diventare, secondo gli esperti, 1,1 miliardi nel 2027 in caso di un tasso di successo delle terapie avanzate del 50%.


Più ricerca, più consapevolezza


Tra i motivi dell’incremento negli ultimi dieci anni della disponibilità di prodotti farmaceutici e di terapie ci sono i successi della ricerca europea, che molto spesso porta i colori italiani. La prima terapia genica ex vivo (prelievo delle cellule del paziente, poi modificate e reinfuse) al mondo è stata trovata dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon, che poi ne ha ideato anche un’altra per la cura della leucodistrofia metacromatica (1), una rara malattia metabolica neurodegenerativa.


I team di ricerca italiani hanno fatto parte di sempre più progetti di studio internazionali sulle malattie rare, erano 941 nel 2019 e sono saliti addirittura a 1.131 nel 2023. È indicativo anche il fatto che la pandemia non ha diminuito la quota di sperimentazioni cliniche dedicate alle malattie rare, che era del 32,1% nel 2019 ed è cresciuta al 35,3% nel 2022.


L’attenzione verso queste patologie sembra avere coinvolto anche il grande pubblico: secondo un’indagine di Ipsos del 2024 a essere al corrente del fenomeno delle malattie rare è l’82% degli europei, ma il 94% degli italiani, che sono i più informati del Vecchio Continente. Nel nostro Paese il 36% conosce qualcuno che ne è affetto, mentre in Europa il dato è del 31%. Anche un’altra percentuale, però, è molto indicativa: si tratta di quel 71% di italiani (rispetto al 68% degli europei) che non accetterebbe mai di scoprire che non viene fatta ricerca sulla malattia rara di un proprio caro. È anche per questo che l’impegno crescerà ancora.


(1) https://www.osservatoriomalattierare.it/malattie-rare/leucodistrofia-metacromatica

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